FILIPPO CANNATA ALLA TAVOLA ROTONDA “LA LUCE E L’ARCHITETTO”
Filippo Cannata ha recentemente preso parte alla Tavola Rotonda “La Luce e l’Architetto” realizzata a Milano con il coordinamento della Redazione della rivista Luce e Design edita dalla Casa Editrice Tecniche Nuove. Al tavolo di confronto importanti architetti ed interior designer oltre che rappresentanti del mondo dell’impresa. L’occasione è rilevante perché con questa iniziativa si è cercato di fare il punto del rapporto che, all’interno della filiera dell’illuminazione, intercorre tra la figura del lighting designer e quella di altri attori quali l’architetto, l’ing. elettrico, l’installatore o l’impresa produttrice di corpi illuminanti.
Opinione condivisa tra gli ospiti è, sicuramente, l’accresciuta consapevolezza in merito al valore della luce all’interno del progetto architettonico, la sua funzione di “strumento in grado di esaltare il ritmo dell’architettura”, sebbene troppo spesso vincoli di natura economica o questioni di ambiguità tra valore tecnico e valore artistico della luce portino a trascurare o rinunciare a quella che viene definita l’”eccellenza dell’illuminazione”.
Le basi di una significativa inversione di rotta vengono individuate in un maggiore impegno da parte della figura architetto nel fare in modo che la luce entri nel progetto come elemento decisivo, con un’assunzione di responsabilità che va oltre lo studio e si estende alla presenza in cantiere mediante sensibilizzazione del costruttore di apparecchi e responsabilizzazione dell’intera filiera. “L’architettura – si sottolinea – attraverso una ricerca spasmodica di autorialità piuttosto che di servizio alla committenza, ha perso la sua funzione morale ed etica di servizio”. La filosofia dell’”uomo al centro del progetto” ed il principio della “contaminazione culturale”, secondo Filippo Cannata, sono le leve di un sistema operativo che può consentire l’incontro e l’accordo della totalità degli attori di questo settore: l’asse si sposta su una sensibilità diversa che spinge ciascuno a valersi del plusvalore che l’altra professionalità può dargli per arrivare ad un risultato finale superiore ed eccellente. “Ci vuole un rapporto di collaborazione molto stretto, sinergia e soprattutto complicità”. Si tratta di una collaborazione/confronto contenente al suo interno i germi di una conflittualità che può essere girata a beneficio del progetto generale, soprattutto a vantaggio del benessere del cliente che costituisce l’obiettivo supremo comune.
I nuovi scenari operativi proposti prevedono, in conclusione, un sistema di alleanze basato sulla chiarezza, trasparenza e professionalità; un sistema al centro del quale l’architetto svolge un ruolo di coordinamento, con il preciso dovere di far capire come all’interno del progetto la luce, con le sue valenze emozionali, sia in grado di conferire all’architettura un significato completamente nuovo.
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